Al via - dal 30 settembre al 7 ottobre - la 36° edizione de Le Giornate del Cinema Muto

No­te­re­te su­bi­to che il po­ster di que­st’an­no si di­sco­sta molto dalla posa al­le­gra di Dou­glas Fair­banks che ha ac­com­pa­gna­to la scor­sa edi­zio­ne. La foto, opera della gran­de Ruth Har­riet Loui­se, ri­trae il pro­fi­lo in ombra di Lars Han­son, sullo sfon­do di un mare ar­gen­ta­to e di nu­vo­le spar­se tra­fit­te dalla luce. L’ef­fet­to è con­tem­pla­ti­vo, forse per­fi­no in­quie­tan­te, e cat­tu­ra lo zeit­gei­st di oggi ancor me­glio di quel­lo del 1927, anno in cui la foto fu scat­ta­ta. Per varie ra­gio­ni, ab­bia­mo do­vu­to ri­nun­cia­re al film ri­trat­to sul po­ster, Cap­tain Sal­va­tion, che a que­sto punto con­tia­mo di pro­iet­ta­re il pros­si­mo anno. A prima vista sem­bre­rà in­so­li­to met­te­re in co­per­ti­na un film as­sen­te dal pro­gram­ma, ma avre­mo co­mun­que Lars Han­son nella se­zio­ne scan­di­na­va (Synnöve Sol­bak­ken), e la bel­lez­za del­l’im­ma­gi­ne basta a se stes­sa.
Lungi da me in­si­nua­re che il pro­gram­ma di que­st’an­no sia con­tras­se­gna­to dalla ma­lin­co­nia, anche se la se­zio­ne “Gli ef­fet­ti della guer­ra” è lì a ri­cor­dar­ci che sono molti gli in­se­gna­men­ti di cui non ab­bia­mo fatto te­so­ro. Al con­tra­rio, la no­stra tren­ta­seie­si­ma edi­zio­ne può van­ta­re un’am­pia e vi­va­ce se­le­zio­ne di com­me­die, dalle si­gno­re sboc­ca­te rac­col­te in “Nasty Women” fino allo humor bril­lan­te di The Rec­kless Age (Ri­sco­per­te e Re­stau­ri), pas­san­do per l’i­ro­nia di­Se­ven Foot­prin­ts to Satan (Ci­ne­te­ca ita­lia­na 70). Il ti­to­lo della se­zio­ne “Nasty Women” non suo­ne­rà nuovo per chiun­que abbia pre­sta­to at­ten­zio­ne alle marce delle donne del gen­na­io scor­so, dopo la ce­ri­mo­nia di in­se­dia­men­to di Do­nald Trump: si stima che due mi­lio­ni di per­so­ne di oltre ses­san­ta paesi siano scese in piaz­za per pro­te­sta­re con­tro la mi­so­gi­nia spac­co­na del pre­si­den­te degli Stati Uniti. Da quan­do Trump ha eti­chet­ta­to Hil­la­ry Clin­ton come “nasty woman”, l’e­spres­sio­ne è di­ven­ta­ta un ter­mi­ne ono­ri­fi­co per qua­lun­que donna che non ha paura di lot­ta­re per la pa­ri­tà di ge­ne­re e per la li­ber­tà di de­ci­de­re del pro­prio corpo. In omag­gio alla lotta per l’u­gua­glian­za, pre­sen­tia­mo que­st’an­no un pro­gram­ma in cin­que parti in­cen­tra­to sulla sfron­ta­tez­za di donne che ri­fiu­ta­no di stare al loro posto. Che sia la sub­do­la e gio­va­ne de­mo­ne Léon­ti­ne nella no­stra serie di corti, o la va­lo­ro­sa co­w­girl Texas Gui­nan di The Night Rider, o an­co­ra la scal­tra donna d’af­fa­ri Blan­che Sweet, pro­ta­go­ni­sta di The Dead­lier Sex, que­ste si­gno­re non ap­par­ten­go­no a nes­su­no, e non si fanno trop­pi pro­ble­mi a pren­de­re ciò che vo­glio­no.
Non per la prima volta, le Gior­na­te guar­da­no poi alla Scan­di­na­via; la no­vi­tà è che in­ve­ce del ca­no­ne tra­di­zio­na­le ci con­cen­tre­re­mo sui re­gi­sti della gol­den age che hanno trat­to ispi­ra­zio­ne dai ca­po­la­vo­ri di at­mo­sfe­ra e psi­co­lo­gia a firma di Vic­tor Sjöström e Mau­ri­tz Stil­ler. Sjöström stes­so è pre­sen­te con il suo dram­ma ri­na­sci­men­ta­le Vem dömer?, che ra­ra­men­te viene pro­iet­ta­to, e anche Carl Theo­dor Dreyer fa parte del grup­po con Glo­m­dal­sbru­den, au­ten­ti­co inno alla vita. Ma quan­ti co­no­sco­no lo splen­di­do Thora van Deken di John W. Bru­nius, o il sug­ge­sti­vo Morænen di A.W. Sand­berg?
L’e­so­ti­co è un tema che at­tra­ver­sa l’in­te­ro fe­sti­val, gra­zie anche all’ “Afri­ca Si­len­zio­sa in Nor­ve­gia” e alla se­zio­ne “Film di viag­gio so­vie­ti­ci”. Que­st’ul­ti­ma ci pro­iet­ta verso i con­fi­ni più re­mo­ti del vasto im­pe­ro so­vie­ti­co per poi su­pe­rar­li: dalle vette del­l’A­sia cen­tra­le in Pamir. Kri­sha Mira alla bel­lez­za dei pa­no­ra­mi della Cri­mea in Ka­ra-Dag. Il Cau­ca­so è poi visto at­tra­ver­so occhi ita­lia­ni nel ra­ris­si­mo e ap­pe­na re­stau­ra­to Viag­gio in Cau­ca­so e Per­sia del 1910 (Ri­sco­per­te e Re­stau­ri). Muo­ven­do­ci in­ve­ce verso sud, “Afri­ca Si­len­zio­sa” si com­po­ne di pel­li­co­le af­fa­sci­nan­ti, di stam­po prin­ci­pal­men­te et­no­gra­fi­co e rea­liz­za­te da ca­me­ra­man eu­ro­pei nel­l’A­fri­ca del­l’e­st. Mi fa par­ti­co­lar­men­te pia­ce­re che la cu­ra­tri­ce e ar­chi­vi­sta nor­ve­ge­se Tina Anc­kar­man abbia po­tu­to con­ta­re sul­l’a­iu­to di un an­tro­po­lo­go bri­tan­ni­co, il dot­tor Neil Car­rier, per iden­ti­fi­ca­re luo­ghi e tribù; trop­po spes­so que­sto tipo di si­ner­gie in­ter­di­sci­pli­na­ri viene tra­scu­ra­to. Nel per­fet­to stile del ci­ne­ma delle ori­gi­ni, che aveva l’a­bi­li­tà di ab­brac­cia­re i ter­ri­to­ri più lon­ta­ni e ce­le­bra­re la di­stan­za pur con­tri­buen­do a ren­de­re il mondo sem­pre più pic­co­lo, ab­bia­mo in­se­ri­to nel pro­gram­ma di­ver­si film sui poli, dal­l’in­cre­di­bi­le la­vo­ro di im­bi­bi­zio­ne e vi­rag­gio fatto su Cap­tain F. E. Klein­sch­mid­t’s Arc­tic Hunt(Ri­sco­per­te e re­stau­ri) per ar­ri­va­re al­l’e­mo­zio­nan­te do­cu­men­ta­rio d’av­ven­tu­ra su Sval­bard Pod­vig vo l’da­kh (Film di viag­gio so­vie­ti­ci).
Am­met­to di es­ser­mi di­ver­ti­to in modo sub­do­lo con la Rus­sia que­st’an­no, e non solo gra­zie ai film di viag­gio. Per com­me­mo­ra­re il cen­te­si­mo an­ni­ver­sa­rio dei “dieci gior­ni che scon­vol­se­ro il mondo” ab­bia­mo messo a con­fron­to due pel­li­co­le dram­ma­ti­che del 1919, en­tram­be opere an­ti-bol­sce­vi­che rea­liz­za­te negli Stati Uniti. La prima è The Right to Hap­pi­ness, sto­ria di due ge­mel­le iden­ti­che ma cre­sciu­te ri­spet­ti­va­men­te come fi­glia del ca­pi­ta­li­smo e agi­ta­tri­ce bol­sce­vi­ca. La se­con­da pel­li­co­la è The World and Its Woman (film di­ver­so daThe World and the Woman con Jean­ne Ea­gels, an­ch’es­so pre­sen­te nel pro­gram­ma di que­st’an­no per­ché ci piace con­fon­der­vi). La diva del­l’o­pe­ra Ge­ral­di­ne Far­rar è sol­tan­to una delle at­trat­ti­ve di The World and Its Woman, sfar­zo­sa pro­du­zio­ne Goldw­yn dal­l’e­pi­lo­go pi­ro­tec­ni­co: un com­bat­ti­men­to tra Far­rar e Rose Dione che ri­cor­da The Spoi­lers del 1914. Ev­vi­va le nasty women!
Pola Negri è la donna forte per ec­cel­len­za, come si vede nei suoi tre film del 1918 pre­sen­ti nel pro­gram­ma. Le tre pel­li­co­le sono anche una bella ve­tri­na per gli ac­com­pa­gna­men­ti ori­gi­na­li: Car­men avrà la mu­si­ca di Ga­briel Thi­bau­deau per pia­no­for­te e vio­lon­cel­lo, men­tre Der gelbe Schein ci ha con­sen­ti­to di in­vi­ta­re la fon­da­tri­ce dei Kle­z­ma­tics, Ali­cia Svi­gals, a Por­de­no­ne per la prima volta. L’in­te­ra edi­zio­ne è molto ricca dal punto di vista mu­si­ca­le: ab­bia­mo un nuovo quin­tet­to com­po­sto da Phi­lip Carli per A Fool There Was (opera ca­no­ni­ca che me­ri­ta as­so­lu­ta­men­te di es­se­re ri­va­lu­ta­ta), e da­re­mo il ben­ve­nu­to al­l’An­ton Bai­ba­kov Col­lec­ti­ve, ve­nu­to dal­l’U­crai­na per ac­com­pa­gna­re un film ri­tro­va­to di Mi­khail Kau­f­man, Ne­bu­va­lyi Po­khid (Ri­sco­per­te e Re­stau­ri). Senza di­men­ti­ca­re gli even­ti di aper­tu­ra e chiu­su­ra, con l’Or­che­stra San Marco che ac­com­pa­gna con la par­ti­tu­ra sin­fo­ni­ca di Carl Davis The Crowd e The Stu­dent Prin­ce in Old Hei­del­berg (en­tram­bi mai pro­iet­ta­ti prima a Por­de­no­ne).

Il film di Kau­f­man è solo una delle tante ri­le­van­ti sco­per­te, prima fra tutte il ri­tro­va­men­to for­tui­to di Rob Byrne di fram­men­ti del per­du­to lun­go­me­trag­gio di Loui­se Brooks, Now We’re in the Air, che ha avuto la sua prima mon­dia­le qual­che mese fa al San Fran­ci­sco Si­lent Film Fe­sti­val. Anche se Brooks ap­pa­re solo in pochi mi­nu­ti della pel­li­co­la so­prav­vis­su­ta, la sua pre­sen­za il­lu­mi­na lo scher­mo. Inol­tre, l’i­den­ti­fi­ca­zio­ne fatta da Serge Brom­berg di un per­du­to Mé­liès,Le Ro­sier mi­ra­cu­leux in un ar­chi­vio unico nel suo ge­ne­re in Iowa, è un’af­fa­sci­nan­te ag­giun­ta alla con­si­de­re­vo­le opera del mae­stro pio­nie­re.
Diamo l’ad­dio a due ras­se­gne trien­na­li, “Ori­gi­ni del We­stern” e Luca Co­me­rio, seb­be­ne l’e­splo­ra­zio­ne del­l’i­co­no­gra­fia we­stern (que­st’an­no in­cen­tra­ta sulle pro­du­zio­ni eu­ro­pee) e i mol­te­pli­ci ta­len­ti di Co­me­rio non siano aree il cui in­te­res­se ri­te­nia­mo esau­ri­to. Due ti­to­li giap­po­ne­si della tarda epoca del muto e con audio sin­cro­niz­za­to, Shima no Mu­su­me (Hotei No­mu­ra) e Tokyo no Yado(Ya­su­ji­ro Ozu), ci fanno pre­gu­sta­re la più ampia se­zio­ne che il Na­tio­nal Film Cen­ter di Tokyo pro­por­rà l’an­no pros­si­mo. Nel frat­tem­po, il me­ri­ta­to tri­bu­to alla Ci­ne­te­ca Ita­lia­na di Mi­la­no in oc­ca­sio­ne del suo set­tan­te­si­mo an­ni­ver­sa­rio ci con­sen­te di pro­iet­ta­re una se­le­zio­ne di pel­li­co­le ita­lia­ne e stra­nie­re che il­lu­stra­no al me­glio la ric­chez­za del­l’ar­chi­vio più an­ti­co d’I­ta­lia. Non tra­scu­ria­mo nem­me­no il ci­ne­ma delle ori­gi­ni, gra­zie a una se­zio­ne di corti di epoca vit­to­ria­na che in­tro­du­ce il cor­po­so pro­get­to di re­stau­ro del Bri­tish Film In­sti­tu­te. Degna di nota è inol­tre una pro­ie­zio­ne spe­cia­le di una serie di ta­bleaux vi­van­tsin­sie­me a im­ma­gi­ni dei di­pin­ti che li hanno ispi­ra­ti.
La se­zio­ne “Gli ef­fet­ti della guer­ra” non è stata fa­ci­le da com­por­re, come d’al­tra parte di­ver­si film in essa con­te­nu­ti non sono fa­ci­li da guar­da­re. Con tutti i con­flit­ti in corso nel mondo, non­ché la mi­nac­cia di altri in ar­ri­vo, una se­zio­ne sulle con­se­guen­ze della prima guer­ra mon­dia­le ci è tut­ta­via parsa per­ti­nen­te. Ciò che non tro­ve­re­te sono te­sti­mo­nian­ze di quan­to la Gran­de Guer­ra abbia in­fluen­za­to il ci­ne­ma stes­so; ma­ga­ri ci la­vo­re­re­mo in fu­tu­ro.
La Jo­na­than Den­nis Me­mo­rial Lec­tu­re te­nu­ta da Rus­sell Mer­ritt è de­di­ca­ta al­l’e­nor­me im­por­tan­za che il la­vo­ro del col­le­zio­ni­sta, di­stri­bu­to­re e stu­dio­so David She­pard ha avuto per la sal­va­guar­dia dei film e per il mondo degli ar­chi­vi.
An­co­ra una volta ab­bia­mo un pro­gram­ma ricco, fatto di le­ga­mi ina­spet­ta­ti e sco­per­te im­pre­ve­di­bi­li, con l’ac­com­pa­gna­men­to dei mi­glio­ri mu­si­ci­sti sulla piaz­za. In più, ab­bia­mo dato al fe­sti­val un nuovo, ma­gni­fi­co volto pub­bli­co gra­zie al bel­lis­si­mo sito in­ter­net com­ple­ta­men­te rin­no­va­to. Posso dire con cer­tez­za che la squa­dra delle Gior­na­te non ha mai la­vo­ra­to tanto du­ra­men­te come que­st’an­no. A loro va il ri­co­no­sci­men­to più gran­de.

Jay Weis­sberg

 

Il pro­gram­ma è con­sul­ta­bi­le qui