Marco Bertozzi arriva a Cinemazero con la narrazione innovativa del suo “Cinema Grattacielo"

Marco Ber­toz­zi è uno di quei re­gi­sti che non sono solo re­gi­sti, ma amano, pro­muo­vo­no, in­se­gna­no il Ci­ne­ma. Fa in­fat­ti parte di quel grup­po di au­to­ri che ha con­tri­bui­to alla ri­na­sci­ta del do­cu­men­ta­rio ita­lia­no, af­fian­can­do la pra­ti­ca ci­ne­ma­to­gra­fia a una forte com­po­nen­te teo­ri­ca (in libri come “L’i­dea do­cu­men­ta­ria”, “Sto­ria del do­cu­men­ta­rio ita­lia­no” o “Re­cy­cled ci­ne­ma”), alla cu­ra­te­la di ras­se­gne sul do­cu­men­ta­rio ita­lia­no e al­l’at­ti­vi­tà di do­cen­za al­l’U­ni­ver­si­tà IUAV di Ve­ne­zia e al Con­ser­va­to­rio di Scien­ze Au­dio­vi­si­ve di Lu­ga­no. La sua pre­sen­za a Ci­ne­ma­ze­ro, mer­co­le­dì 13 di­cem­bre alle 20.45, con il suo “Ci­ne­ma Grat­ta­cie­lo” è anche unio­ne di in­ten­ti con la po­li­ti­ca cul­tu­ra­le del­l’As­so­cia­zio­ne. Il suo ul­ti­mo la­vo­ro in­fat­ti ha ri­ce­vu­to una men­zio­ne spe­cia­le al pre­sti­gio­so Bio­gra­film Fe­sti­val di Bo­lo­gna "Per la ri­cer­ca di una nar­ra­zio­ne in­no­va­ti­va e vi­sio­na­ria e la scel­ta ci­ne­ma­to­gra­fi­ca­men­te forte di dare voce e corpo alla bio­gra­fia di un grat­ta­cie­lo, con i suoi vis­su­ti, i suoi abi­tan­ti, i suoi sogni, le sue fan­ta­sie".

Un film dun­que che non vuole rac­con­ta­re “solo” una sto­ria, per altro af­fa­sci­nan­te, ma che vuole in­da­ga­re lo stes­so lin­guag­gio ci­ne­ma­to­gra­fi­co, rin­no­van­do­lo. Una ri­fles­sio­ne au­to­bio­gra­fi­ca che si in­ter­ro­ga sulle forme del do­cu­men­ta­rio con­tem­po­ra­neo e mo­stra l’u­ma­ni­tà e i pae­sag­gi del Grat­ta­cie­lo di Ri­mi­ni (tra cui il re­gi­sta stes­so), in dia­lo­go aper­to con il grat­ta­cie­lo (cui dà voce lo scrit­to­re Er­man­no Ca­vaz­zo­ni) e i suoi im­ma­gi­na­ri. Alto 100 metri, inau­gu­ra­to nel 1959 quale icona di una fi­du­cio­sa mo­der­ni­tà, con le sue pa­re­ti scin­til­lan­ti tra­gi­ca­men­te eret­te sulle fe­ri­te della guer­ra pro­prio dove le bombe si erano più ac­ca­ni­te, oggi, con i suoi 200 ap­par­ta­men­ti, il Grat­ta­cie­lo è un quar­tie­ro­ne ver­ti­ca­le abi­ta­to da una ven­ti­na di na­zio­na­li­tà dif­fe­ren­ti.

“Ci­ne­ma grat­ta­cie­lo” uti­liz­za mol­te­pli­ci ma­te­ria­li d’ar­chi­vio e la di­ver­sa pelle delle im­ma­gi­ni co­sti­tui­sce una linea nar­ra­ti­va au­to­no­ma. Il film mo­stra la sua lenta mo­da­li­tà di pro­du­zio­ne e i cam­bia­men­ti tec­no­lo­gi­ci che si sono sus­se­gui­ti, uti­liz­zan­do ma­te­ria­li sto­ri­ci (gi­ra­ti in pel­li­co­la, in vari for­ma­ti), ri­pre­se con ca­me­re e cas­set­ti­ne Mi­niDV o DvCam, parti in Be­ta­cam, altre in HD, o gi­ra­te con le GoPro. Una mol­te­pli­ci­tà di tes­si­tu­re del­l’im­ma­gi­ne che espri­me una mol­te­pli­ci­tà di punti di vista, di dia­lo­ghi pos­si­bi­li fra l’au­to­re, il grat­ta­cie­lo e i suoi abi­tan­ti. Ognu­no degli in­qui­li­ni ha una sua vi­sio­ne, delle paure (so­cia­li e an­tro­po­lo­gi­che) che tro­va­no una pro­pria voce nel ri­schio stes­so che que­sta va­rie­tà rap­pre­sen­ta, crean­do un ci­ne­ma ca­pa­ce di ri­schia­re e in­si­nuar­si fra spazi ed espe­rien­ze non pro­tet­te.