Kubrick

Ci­ne­ma­ze­ro or­ga­niz­za ogni mese nuovi in­con­tri di ap­pro­fon­di­men­to cri-ti­co e pro­ie­zio­ni di clas­si­ci re­stau­ra­ti e in pel­li­co­la, che si al­ter­ne­ran­no nel corso del­l’an­no per de­li­nea­re una car­rel­la­ta delle mi­glio­ri opere che han-no se­gna­to la sto­ria del ci­ne­ma in­ter­na­zio­na­le.

 

sa­ba­to 14 marzo - ORE 15.30 / ME­DIA­TE­CA DI CI­NE­MA­ZE­RO IN­GRES­SO LI­BE­RO

 

se­con­do Ap­pun­ta­men­to con l'ap­pro­fon­di­men­to cri­ti­co su STAN­LEY KU­BRICK a cura di Paolo D’An-drea, cul­to­re della ma­te­ria pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli Studi di Trie­ste e do-cen­te/for­ma­to­re di Ci­ne­ma­ze­ro.

 

Un caso par­ti­co­la­re di au­to­re a mezza stra­da fra Eu­ro­pa e Ame­ri­ca è quel­lo di Stan­ley Ku­brick, ame­ri­ca­no emi­gra­to in Eu­ro­pa e lì ri­ma­sto per il resto della sua vita, in esi­lio vo­lon­ta­rio, forse per mar­ca­re la sua estra­nei­tà ri­spet­to a tutto il mondo e per os­ser­va­re da lon­ta­no il suo paese e il mondo in­te­ro, di cui ci offre dei ri­trat­ti sem­pre più sar­ca­sti­ci e di­sil­lu­si. Il mondo ap­pa­re in­fat­ti nei suoi film come una con­gre­ga di folli che si ap­pli­ca­no a farsi del male re­ci­pro­ca­men­te: la stu­pi­di­tà dei po­ten­ti, il ci­ni­smo degli in­tel­let­tua­li, l’i­po­cri­sia dei be­ne­fat­to­ri; anzi la ra­gio-ne stes­sa è am­bi­gua e con­trad­dit­to­ria, poi­ché na­scon­de sem­pre den­tro di sé un pro­get­to do­mi­na­to­re, di­strut­to­re e vio­len­to. Tutti, anche i buoni, hanno un dop­pio, un ro­ve­scio, in que­sto mondo di ombre pa­ra­noi­che che deve molte delle sue idee al ci­ne­ma espres­sio­ni­sta te­de­sco. Molti dei suoi film ri­pren­do­no al­cu­ni ge­ne­ri del ci­ne­ma clas­si­co e li smon­ta­no fred­da­men­te: Ra­pi­na a mano ar­ma­ta il gang­ster movie, Lo­li­ta e Il dot­tor Stra­na­mo­re la com­me­dia, Oriz­zon­ti di glo­ria e Full Metal Jac­ket il war movie, 2001: Odis­sea nello spa­zio la fan­ta­scien­za, Aran-cia mec­ca­ni­ca e Shi­ning l’hor­ror, Barry Lyn­don il film sto­ri­co, Eyes Wide Shut il dram­ma sen­ti­men­ta­le. Ku­brick non rac­con­ta, ma os­ser­va i suoi per­so­nag­gi e le sto­rie da una di­stan­za si­de­ra­le. (San­dro Ber­nar­di)