La Val che urla

Un film noir, dalle tinte fo­sche, La Val che urla della re­gi­sta Lucia Za­net­tin, da ve­ner­dì 18 di­cem­bre  sarà di­spo­ni­bi­le gra­tui­ta­men­te, gra­zie alla pre­zio­sa col­la­bo­ra­zio­ne con CAI - Se­zio­ne di Por­de­no­ne su Ades­so­Ci­ne­ma,  la piat­ta­for­ma strea­ming nata e cu­ra­ta da Ci­ne­ma­ze­ro di Por­de­no­ne, dal  Vi­sio­na­rio di Udine, e La Ci­ne­te­ca del Friu­li in col­la­bo­ra­zio­ne con la Tuc­ker Film.

L'in­te­ra vi­cen­da si svol­ge in un pic­co­lo paese della mon­ta­gna, nella Valle del Vanoi, nel Tren­ti­no Orien­ta­le. Il pro­ta­go­ni­sta è un in­ge­gne­re cin­quan­ten­ne, che in se­gui­to alla per­di­ta del la­vo­ro, fugge dalla città e ri­tor­na nei luo­ghi co­no­sciu­ti da bam­bi­no, per cer­ca­re un mo­men­to di se­re­ni­tà, ma viene coin­vol­to in una se­quen­za di omi­ci­di che si sco­pri­ran­no le­ga­ti ad av­ve­ni­men­ti della sua in­fan­zia. L'at­mo­sfe­ra cupa di una valle mon­ta­na, cir­con­da­ta da una na­tu­ra sel­vag­gia, lon­ta­na dai cir­cui­ti tu­ri­sti­ci, s'in­trec­cia con un am­bien­te clau­stro­fo­bi­co, dove la neve con­di­zio­na il suc­ce­der­si degli av­ve­ni­men­ti, fino al colpo di scena fi­na­le, dove si com­pren­de­rà che spes­so le cose non sono come sem­bra­no.

«Gi­ra­re il film nel Vanoi è stato bel­lis­si­mo – af­fer­ma sod­di­sfat­ta la re­gi­sta Za­net­tin – I pa­no­ra­mi che re­ga­la il posto sono ma­gni­fi­ci anche se, es­sen­do il no­stro un th­ril­ler-noir, ab­bia­mo cer­ca­to di dare l’i­dea di una valle piut­to­sto cupa, cosa che in real­tà il Vanoi non è».

Le ri­pre­se del film hanno coin­vol­to un po’ tutta la valle (sono state gi­ra­te a Cao­ria, in lo­ca­li­tà Re­fa­va­ie, a Passo Gob­be­ra, nella for­cel­la di Ca­lai­ta, nella Val del Lach e in molte altre zone), e al­cu­ne scene sono state am­bien­ta­te anche nel­l’A­gor­di­no, in pro­vin­cia di Bel­lu­no. Du­ran­te i mesi di la­vo­ro non sono man­ca­ti gli im­pre­vi­sti che hanno ob­bli­ga­to la pro­du­zio­ne a dei cambi di pro­gram­ma. La tem­pe­sta Vaia ha po­sa­to la sua scure anche sul film. Le ri­pre­se do­ve­va­no co­min­cia­re pro­prio il gior­no in cui l’ira della na­tu­ra si è ma­ni­fe­sta­ta con mag­gior vi­go­re (il 29 ot­to­bre), ma sono in­ve­ce slit­ta­te di una set­ti­ma­na, e nel frat­tem­po il ter­ri­to­rio è mu­ta­to.

«Il pae­sag­gio de­tur­pa­to si nota chia­ra­men­te al­l’in­ter­no del film - pro­se­gue Za­net­tin - Ab­bia­mo de­ci­so di non na­scon­der­lo, per­ché dà un senso di di­sa­gio, ot­ti­mo per un film dove si vuole rap­pre­sen­ta­re una valle non pro­prio be­ne­vo­la e ac­co­glien­te».