Il mio corpo

Dopo i nu­me­ro­si ri­co­no­sci­men­ti in­ter­na­zio­na­li e la se­le­zio­ne tra i fi­na­li­sti dei Na­stri d’Ar­gen­to per la se­zio­ne Ci­ne­ma del Reale, ar­ri­va in prima vi­sio­ne sugli scher­mi vir­tua­li di Ci­ne­ma­ze­ro IL MIO CORPO di Mi­che­le Pen­net­ta, do­cu­film con cui il re­gi­sta con­clu­de la sua “tri­lo­gia si­ci­lia­na”, ini­zia­ta nel 2013 con A Iu­ca­ta e pro­se­gui­ta nel 2016 con Pe­sca­to­ri di corpi.

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A pre­sen­tar­lo al pub­bli­co in di­ret­ta strea­ming ve­ner­dì 26 alle ore 19.00 il cri­ti­co e di­ret­to­re del fe­sti­val di Lo­car­no Giona Naz­za­ro che dia­lo­ghe­rà con il re­gi­sta Mi­che­le Pen­net­ta, il di­ret­to­re della fo­to­gra­fia Paolo Fer­ra­ri e il pro­dut­to­re Gio­van­ni Pom­pi­li. A in­tro­dur­re Maud Co­ri­no, re­spon­sa­bi­le di­stri­bu­zio­ne di ZaLab.

 

Co­pro­du­zio­ne sviz­ze­ro-ita­lia­na, IL MIO CORPO è in­te­ra­men­te am­bien­ta­to nel­l’en­tro­ter­ra si­ci­lia­no. Oscar, poco più che bam­bi­no, re­cu­pe­ra la fer­ra­glia per suo padre che si oc­cu­pa di ri­ven­der­la. Passa la sua vita tra le di­sca­ri­che abu­si­ve dove i rot­ta­mi se­di­men­ta­no. Agli an­ti­po­di, ma giu­sto ac­can­to, c’è Stan­ley. Fa le pu­li­zie nella chie­sa del vil­lag­gio in cam­bio d’o­spi­ta­li­tà e un po’ di cibo. Co­glie la frut­ta nei campi e ac­com­pa­gna il be­stia­me al pa­sco­lo, solo per te­ne­re oc­cu­pa­to il suo corpo ve­nu­to da lon­ta­no. Tra Oscar, il pic­co­lo si­ci­lia­no, e Stan­ley, il ni­ge­ria­no, nes­su­na si­mi­li­tu­di­ne ap­pa­ren­te, salvo il sen­ti­men­to di es­se­re stati but­ta­ti in pasto al mondo, di su­bi­re lo stes­so ri­fiu­to, la stes­sa on­da­ta sof­fo­can­te di scel­te fatte dagli altri.

 

“Con que­sto nuovo film - dice Mi­che­le Pen­net­ta - ho vo­lu­to rac­con­ta­re la pre­ca­rie­tà di gio­va­ni senza fu­tu­ro e senza pro­spet­ti­ve. In Stan­ley e Oscar c'era qual­co­sa che li ac­co­mu­na­va; lo stes­so sen­ti­men­to di es­se­re stati get­ta­ti in pasto al mondo senza pre­av­vi­so, usan­do i pro­pri corpi come unico stru­men­to di so­prav­vi­ven­za.”