NOI DONNE IRANIANE
«Il tuo nome diventerà la chiave (Name-to ramz mishavad)» è questa l’iscrizione sulla lapide di Mahsa Amini, uccisa mentre era sotto la custodia della "polizia morale" in Iran. Una frase profetica, perché la morte della giovane ha risvegliato le proteste contro la repressione nei confronti delle donne e di qualunque oppositore da parte del regime islamico. Ed è anche in nome di Mahsa che è stato realizzato il documentario Noi donne iraniane delle giornaliste Sabina Fedeli e Anna Migotto, in programma a Cinemazero venerdì 26 maggio alle 20:45. L'evento, organizzato dall'Associazione Neda Day, vedrà la partecipazione di Alessandra Campedelli, ex CT nazionale di pallavolo dell'Iran, Marcello Carli, consigliere comunale di Trento, Baharak Darvishi e Taher Djafarizad, attivisti per i diritti umani, dell'Associazione Neda Day. CLICCA QUI PER IL TUO BIGLIETTO
Il documentario raccoglie molte testimonianze esclusive dall’Iran, arrivate clandestinamente aggirando il blocco dei social network e la censura: video auto-prodotti da donne che mettono in gioco la loro stessa vita. Storie raccontate in prima persona attraverso i cellulari o filmandosi reciprocamente in luoghi segreti, con grande attenzione a proteggere le loro identità. Le donne hanno scelto di parlare superando ogni paura, perché le loro parole possano essere ascoltate da un Occidente troppo lontano dalle loro battaglie.
A completare il racconto corale della repressione ma anche il coraggio contagioso che unisce intorno al grido di "Donna, Vita e Libertà", sono le parole di figure significative della cultura, dell'arte, del mondo accademico, donne costrette a lasciare l'Iran negli anni passati. Sono loro la voce guida del documentario. Spiegano, attraverso le singole esperienze, la deriva di una nazione stretta tra patriarcato, profonda crisi economica, corruzione e rigide norme religiose e ideologiche. Le proteste nascono da una lunga storia di movimenti per i diritti delle donne e di attivismo all'interno e all'esterno dell’Iran. Le cittadine iraniane da anni elaborano strategie per sfidare la discriminazione di genere, sia in politica che nella società, in un Paese dove l'80% della popolazione ha meno di 20 anni e nelle università le donne rappresentano il 60% degli studenti.
Nata e guidata da donne, la rivolta attraversa le divisioni di genere, classe ed etnia e rappresenta la più seria sfida popolare ai leader teocratici iraniani. A scendere nelle piazze la generazione Z, quella che non ha nulla da perdere; una generazione che rifiuta l’ipocrisia di vivere la libertà solo nello spazio privato e la rivendica ovunque, a cominciare dallo spazio pubblico.
Le studentesse fanno sentire la loro voce, togliendosi il velo e gridando slogan, sia all'interno che all'esterno della scuola, strappando dai libri di testo le foto di Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica e leader religioso della Rivoluzione iraniana, e di Ali Khamenei, l'attuale Guida suprema. Oppure registrando video e caricandoli su piattaforme online come TikTok, per condannare l'attacco alla prestigiosa Sharif University, l'arresto e l'uccisione di diverse manifestanti, tra cui Nika Shakarami, 17 anni, Sarina Esmailzade, 16 anni, Haith Najafi, 20 anni.