Tina Modotti: l'opera

Dal 22 set­tem­bre al 28 gen­na­io 2024 a Pa­laz­zo Ro­ve­rel­la a Ro­vi­go “Tina Mo­dot­ti. L'o­pe­ra”: una va­stis­si­ma mo­stra mo­no­gra­fi­ca sulla leg­gen­da­ria fo­to­gra­fa, con oltre 300 scat­ti, mol­tis­si­mi mai visti in Ita­lia, la mag­gior parte pro­ve­nien­te dagli ar­chi­vi di Ci­ne­ma­ze­ro!

Dai ca­po­la­vo­ri che rac­con­ta­no in modo in­ten­so e graf­fian­te il Mes­si­co degli anni Venti, pas­san­do per la sua unica mo­stra in­di­vi­dua­le del 1929 (ri­co­strui­ta per l'oc­ca­sio­ne), alle rare im­ma­gi­ni che rac­con­ta­no il suo er­ra­re in molti Paesi, l'e­spo­si­zio­ne ri­per­cor­re l’in­te­ra opera di una fo­to­gra­fa straor­di­na­ria e un'in­tel­let­tua­le di as­so­lu­ta ori­gi­na­li­tà che an­co­ra oggi sa ra­pi­re e af­fa­sci­na­re il no­stro sguar­do.

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"Si do­vreb­be sem­pre pen­sa­re che un’ar­ti­sta sia la sua opera. In­du­bi­ta­bil­men­te è anche la sua vita, che con la sua arte s’in­tes­se e dia­lo­ga. In­sie­me, le due si mo­di­fi­ca­no, con­di­zio­na­no, va­lo­riz­za­no… Tau­to­lo­gi­co, di fron­te al­l’e­si­sten­za non certo priva di fa­sci­no di Tina Mo­dot­ti, che nella sua breve du­ra­ta (morì a soli 46 anni) – con par­ten­za da Udine, dal con­te­sto di una fa­mi­glia sem­pli­ce ed emi­gran­te di ini­zio ’900 - ha at­tra­ver­sa­to al­cu­ni mo­men­ti chia­ve del se­co­lo in vari luo­ghi del mondo. Mo­dot­ti ha in­fat­ti vis­su­to pe­rio­di sto­ri­ca­men­te si­gni­fi­ca­ti­vi in sette paesi di­ver­si, par­lan­do cin­que lin­gue, es­sen­do anche at­tri­ce tea­tra­le e ci­ne­ma­to­gra­fi­ca, at­ti­vi­sta po­li­ti­ca, com­bat­ten­te, ani­ma­tri­ce del Soc­cor­so Rosso In­ter­na­zio­na­le, tra­dut­tri­ce, per­fi­no – sep­pur con mi­no­re in­ten­si­tà – au­tri­ce di saggi, pit­tri­ce e poeta... (anche “mae­stra” di fo­to­gra­fia, una delle molte sco­per­te fatte la­vo­ran­do a que­sta mo­stra). Se di lei molto co­no­scia­mo, è pro­prio per­ché la sua bio­gra­fia ha sem­pre avuto la me­glio. A lei, più che ad altri in­tel­let­tua­li del ’900, si è dato il di­scu­ti­bi­le pri­vi­le­gio di es­se­re in­te­res­sa­ti mag­gior­men­te alla sua vita in­ve­ce che alla sua pro­du­zio­ne. Oggi però è il tempo di ri­pen­sar­la e ri­sco­prir­la fuori dalla bio­gra­fia, par­ten­do dalla sua fo­to­gra­fia, come ar­ti­sta au­to­no­ma e donna, li­be­ra, umana, ar­ma­ta di pro­fon­di va­lo­ri so­cia­li, at­ten­ta alla con­di­zio­ne degli ul­ti­mi, alle bat­ta­glie di ri­for­ma ed edu­ca­zio­ne, ca­pa­ce di istan­ze al fem­mi­ni­le di rara forza e pre­co­ci per i tempi: tutti temi di as­so­lu­ta at­tua­li­tà che at­tra­ver­sa­no da sem­pre i suoi scat­ti, ri­ba­di­ti oggi nello sco­pri­re e stu­dia­re quel­li meno noti. Su tutto, però, va ce­le­bra­to il suo trat­to ar­ti­sti­co pe­cu­lia­re (o, come di­reb­be lei stes­sa, “di qua­li­tà fo­to­gra­fi­ca”… e noi ag­giun­gia­mo: di ori­gi­na­le ec­cel­len­za), trop­po spes­so pas­sa­to in se­con­do piano. Oc­cu­pan­do­ci della sua pro­du­zio­ne pos­sia­mo la­scia­re da parte, senza alcun giu­di­zio su di loro e senza di­men­ti­car­li, gli amori che ha vis­su­to, i vari uo­mi­ni (fra gli altri We­ston, Ri­ve­ra, Vi­da­li) che le sono stati ac­can­to e che spes­so sono sem­bra­ti con­ta­re – pro­prio per l’ec­ces­so di bio­gra­fi­smo, o la ne­ces­si­tà di dram­ma­tur­gia che chie­de il largo pub­bli­co - di più della sua au­to­no­mia ar­ti­sti­ca, della sua opera. Tina Mo­dot­ti è, oggi più che mai, la sua fo­to­gra­fia: nel vasto la­vo­ro di map­pa­tu­ra dei suoi scat­ti con­dot­to a Ci­ne­ma­ze­ro, con ri­cer­che in ogni lato del pia­ne­ta, fra musei e col­le­zio­ni­sti pri­va­ti, si è riu­sci­ti a do­cu­men­ta­re oltre 500 fo­to­gra­fie da lei scat­ta­te, molte, mol­tis­si­me di più di quel­le note, di quel­le fi­no­ra rac­con­ta­te (nor­mal­men­te al mas­si­mo 200 quel­le “ri­pro­dot­te” con fre­quen­za). Tina non è più, come bene di­ce­va una gran­de ri­cer­ca­tri­ce che si è oc­cu­pa­ta della sua opera – Sarah M. Lowe – “la più nota fo­to­gra­fa sco­no­sciu­ta del XX se­co­lo”. Ora le sue foto sono ac­qui­si­te, ca­ta­lo­ga­te (anche se non sem­pre esi­bi­te) dai gran­di musei del pia­ne­ta e da varie real­tà cul­tu­ra­li, non­ché bat­tu­te a prez­zi da ca­po­gi­ro (in caso dei ra­ris­si­mi vin­ta­ge) nelle aste più pre­sti­gio­se. La mo­stra di Pa­laz­zo Ro­ve­rel­la, che curo con la col­la­bo­ra­zio­ne di Gian­ni Pi­gnat e Piero Co­lus­si, pro­mos­sa da Fon­da­zio­ne Cassa di Ri­spar­mio di Pa­do­va e Ro­vi­go con Dario Ci­mo­rel­li Edi­to­re e Ci­ne­ma­ze­ro, vuole do­cu­men­ta­re la sua va­rie­tà di ap­proc­ci al sog­get­to ri­pre­so, dalle na­tu­re morte, dai la­vo­ri più gra­fi­ci e astrat­ti, alla do­cu­men­ta­zio­ne so­cia­le e alla co­mu­ni­ca­zio­ne po­li­ti­ca. Un per­cor­so che ri­co­strui­sce la sua ca­pa­ci­tà di uti­liz­za­re la me­to­ni­mia più della me­ta­fo­ra e del sim­bo­lo, con quel­la ca­pa­ci­tà tut­to­ra com­mo­ven­te di rac­con­ta­re il reale – fra leg­ge­ra sfo­ca­tu­ra e pre­ci­sa at­ten­zio­ne al “cuore” del sog­get­to – con as­so­lu­ta forza co­mu­ni­ca­ti­va. In­ne­ga­bil­men­te al­lie­va di uno dei più gran­di fo­to­gra­fi della sto­ria, Ed­ward We­ston, ma ca­pa­ce fin da su­bi­to di at­te­sta­re una sua au­to­no­mia sti­li­sti­ca, tanto da in­fluen­zar­lo e, come ri­le­va­no al­cu­ni cri­ti­ci del­l’e­po­ca, - chis­sà - su­pe­rar­lo. Ecco al­lo­ra che se la mo­stra di Ro­vi­go un cen­tro do­ve­va avere, non po­te­va che es­se­re vo­ta­to alla sua in­di­pen­den­za: la sua unica mo­stra per­so­na­le rea­liz­za­ta in vita (di­cem­bre 1929), ri­co­strui­ta per la prima volta nel modo più com­ple­to. Per­ché Tina Mo­dot­ti, donna, fo­to­gra­fa e ar­ti­sta, sia prima di tutto la sua opera e non certo una femme fa­ta­le, la com­pa­gna o solo l’al­lie­va di qual­cu­no."

Ric­car­do Co­stan­ti­ni, Ci­ne­ma­ze­ro - cu­ra­to­re della mo­stra