Il Titanic Nazista

In oc­ca­sio­ne della Gior­na­ta della Me­mo­ria, mer­co­le­dì 31 gen­na­io alle 20.45, Ci­ne­ma­ze­ro ri­por­ta alla luce una sto­ria in­cre­di­bi­le e molto poco co­no­sciu­ta: quel­la del “Ti­ta­nic na­zi­sta”, film di Her­bert Sel­pin e Wer­ner Klin­gler rea­liz­za­to nel pieno della Se­con­da Guer­ra Mon­dia­le. Du­ran­te le ri­pre­se, la nave Cap Ar­co­na fu «prima set di fin­zio­ne per un film sul co­los­sa­le di­sa­stro ma­rit­ti­mo del Ti­ta­nic e poi set reale del ter­ri­bi­le “Ti­ta­nic-Ho­lo­cau­st”», come scri­ve il gior­na­li­sta e cri­ti­co ci­ne­ma­to­gra­fi­co Giu­sep­pe Ghigi, che in­tro­dur­rà la pro­ie­zio­ne a Por­de­no­ne. Tra i so­prav­vis­su­ti Berek Ja­ku­bo­wicz, il “den­ti­sta di Au­sch­wi­tz”, che riu­scì ad ar­ri­va­re a riva e na­scon­der­si fino alla li­be­ra­zio­ne. CLIC­CA QUI PER IL BI­GLIET­TO
L’i­dea di Hi­tler e Goeb­bels era quel­la di rea­liz­za­re un film di pro­pa­gan­da an­ti­bri­tan­ni­ca, in un mo­men­to in cui il mo­ra­le dei te­de­schi, bom­bar­da­ti dagli al­lea­ti, era a terra. Bi­so­gna­va di­pin­ge­re i ne­mi­ci come ci­ni­ci, avidi e vili, «un po­po­lo di plu­to­cra­ti privi di qual­sia­si forma di eti­ci­tà». Il film do­ve­va mo­stra­re che il nau­fra­gio del trans­tlan­ti­co era stato cau­sa­to, più che dal­l’i­ce­berg, dal­l’a­vi­di­tà degli ar­ma­to­ri senza scru­po­li della nave. Già in fase di sce­neg­gia­tu­ra, ri­cor­da Ghigi, «il pro­get­to venne de­fi­ni­to dalla stam­pa spe­cia­liz­za­ta te­de­sca la di­mo­stra­zio­ne del bru­ta­le ci­ni­smo degli spe­cu­la­to­ri in­gle­si». 
Al­l’i­ni­zio il re­gi­sta è Her­bert Sel­pin, che in­si­ste per gi­ra­re con una nave vera, no­no­stan­te le dif­fi­col­tà e i ri­schi, nel bel mezzo del con­flit­to mon­dia­le. Goeb­bels rie­sce a met­te­re a sua di­spo­si­zio­ne il tran­sa­tlan­ti­co Cap Ar­co­na, che era stata co­strui­to nel 1927 pro­prio per emu­la­re il Ti­ta­nic. La regia venne poi af­fi­da­ta a Wer­ner Klin­gler che ter­mi­nò il film nel­l’ot­to­bre del ’42. Ma Goeb­bels bloc­cò l’u­sci­ta in sala, forse ren­den­do­si conto che la sto­ria di un ca­pi­ta­no che porta la sua nave ad af­fon­da­re po­te­va ri­chia­ma­re la si­tua­zio­ne tra­gi­ca della Ger­ma­nia di Hi­tler.  
La sto­ria della Cap Ar­co­na, però, non fi­ni­sce con il film. Nel marzo del 1945, quan­do le trup­pe so­vie­ti­che avan­za­no e i campi di con­cen­tra­men­to ven­go­no eva­cua­ti, per­ché i na­zi­sti vo­le­va­no che nes­sun pri­gio­nie­ro ca­des­se vivo nelle mani del ne­mi­co, nella baia di Neu­stadt-Lu­bec­ca, viene dato l’or­di­ne di im­bar­ca­re su al­cu­ne navi, tra cui la Cap Ar­co­na, i pri­gio­nie­ri e an­co­rar­le a qual­che mi­glio di di­stan­za dalla costa, per es­se­re in­cen­dia­te e tra­sfor­ma­te in forni cre­ma­to­ri, o af­fon­da­te. Più di sei­mi­la ebrei e altri de­te­nu­ti ven­go­no im­bar­ca­ti nella Cap Ar­co­na. Po­chis­si­mi sono so­prav­vis­su­ti al­l’O­lo­cau­sto del Ti­ta­nic.