Serate di Cinema muto 1925 -2025

Dopo la lu­sin­ghie­ra ac­co­glien­za ri­ce­vu­ta lo scor­so anno, pro­se­gue anche nel 2025 l’e­spe­rien­za delle se­ra­te de­di­ca­te alla ri­sco­per­ta della magia del ci­ne­ma muto, una sta­gio­ne fon­da­ti­va per il lin­guag­gio delle im­ma­gi­ni in mo­vi­men­to. La ri­cer­ca di forme espres­si­ve e nar­ra­ti­ve com­piu­ta in quel­l’e­po­ca col­lo­ca­va già il ci­ne­ma al cen­tro della scena cul­tu­ra­le del No­ve­cen­to.

Adot­tan­do lo stes­so cri­te­rio del­l’an­no pre­ce­den­te, Ci­ne­ma­ze­ro, in col­la­bo­ra­zio­ne con Le Gior­na­te del Ci­ne­ma Muto e La Ci­ne­te­ca del Friu­li, ri­pro­po­ne la vi­sio­ne dei gran­di film del 1925, quel­li più pre­gnan­ti che cento anni fa in­can­ta­ro­no il pub­bli­co che gre­mi­va le sale di tutto il mondo.
Fu un’an­na­ta par­ti­co­lar­men­te fe­li­ce sia per la fab­bri­ca dei sogni di Hol­ly­wood, trai­na­ta dallo star sy­stem, sia per il ci­ne­ma d’au­to­re eu­ro­peo, se­gna­to dal­l’ir­ru­zio­ne di un gi­gan­te come Ser­gej Ej­zen­ste­jn.

Pre­ce­du­te da un'in­tro­du­zio­ne sto­ri­ca e cri­ti­ca, le loro im­ma­gi­ni si­len­zio­se sa­ran­no come sem­pre ac­com­pa­gna­te da una par­ti­tu­ra, in al­cu­ni casi ese­gui­ta dal vivo.

CA­LEN­DA­RIO GEN­NA­IO - MAG­GIO 2025

Mar­te­dì 28 gen­na­io 2025 | 20:45
SCIO­PE­RO! 
(Stačka, Unio­ne So­vie­ti­ca, 1925, 82’ di Ser­gej M. Ėjzenštejn)
Scio­pe­ro!, esor­dio ci­ne­ma­to­gra­fi­co di Ser­gej Ejzenštejn, è la prima parte della co­sid­det­ta “tri­lo­gia della ri­vo­lu­zio­ne”, che com­pren­de i
suc­ces­si­vi La co­raz­za­ta Potëmkin e Ot­to­bre. Nel film, che ri­fiu­ta com­ple­ta­men­te la strut­tu­ra nar­ra­ti­va tra­di­zio­na­le, tro­va­no espres­sio­ne le per­ce­zio­ni e le pul­sio­ni so­cia­li che ca­rat­te­riz­za­ro­no il primo pe­rio­do di svi­lup­po del­l’U­nio­ne So­vie­ti­ca: l’a­di­ra­ta ne­ga­zio­ne del di­spo­ti­smo, la fi­du­cia nel rag­giun­gi­men­to della giu­sti­zia at­tra­ver­so i me­to­di di lotta, la cer­tez­za che il po­po­lo sia co­sti­tui­to non sol­tan­to da mar­ti­ri, ma che tutti pos­sa­no in­ve­ce con­tri­bui­re a crea­re la Sto­ria. In­sie­me ai primi film di Lev Kulešov e di Dziga Ver­tov, Scio­pe­ro! segnò la na­sci­ta del­l’a­van­guar­dia ci­ne­ma­to­gra­fi­ca in URSS e sta­bi­lì molti di quel­li che sa­reb­be­ro stati i trat­ti di­stin­ti­vi del ci­ne­ma so­vie­ti­co fino agli anni Tren­ta.
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Mar­te­dì 25 feb­bra­io 2025 | 20:45
IL FU MAT­TIA PA­SCAL (Feu Ma­thias Pa­scal, Fran­cia, 1925, 170’ di Mar­cel L’Her­bier)
Ben­ché po­tes­se­ro sem­bra­re una stra­na cop­pia, Ivan Mo­sjou­ki­ne e Mar­cel L'Her­bier si ri­ve­la­ro­no un tan­dem vin­cen­te con il loro ec­cen­tri­co adat­ta­men­to del ro­man­zo di Pi­ran­del­lo su un gio­va­not­to che fa cre­de­re a fa­mi­glia ed amici di es­se­re morto, per ini­zia­re una nuova vita sotto un altro nome. Il re­gi­sta aveva com­pra­to i di­rit­ti ci­ne­ma­to­gra­fi­ci del ro­man­zo con la be­ne­di­zio­ne dello stes­so Pi­ran­del­lo ed aveva per­so­nal­men­te vo­lu­to il gran­de at­to­re russo come pro­ta­go­ni­sta. C'è una sti­mo­lan­te com­mi­stio­ne di rea­li­smo e fan­ta­sti­co, di gra­vi­tà e gio­co­si­tà, sia nella mes­sin­sce­na di L'Her­bier sia nella re­ci­ta­zio­ne di Mo­sjou­ki­ne; il film di­ven­ta al­lo­ra ben più di un ele­gan­te pro­dot­to co­strui­to in fun­zio­ne del divo. Fu que­sto l'ul­ti­mo film di Mo­sjou­ki­ne per la Al­ba­tros di Ale­xan­dre Ka­men­ka (che lo co­pro­dus­se con la Ci­né­gra­phic, la so­cie­tà di L'Her­bier).

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Mar­te­dì 25 marzo 2025 | 20:45
IL VEN­TA­GLIO DI LADY WIN­DER­ME­RE (Lady Win­der­me­re’s Fan, Stati Uniti, 1925, 86’ di Ernst Lu­bi­tsch)
Dalla com­me­dia di Oscar Wilde adat­ta­ta da Ju­lien Jo­se­ph­son, uno dei mi­glio­ri Lu­bi­tsch muti: non tanto com­me­dia degli equi­vo­ci, ma dram­ma degli sguar­di e dei so­spet­ti, am­bien­ta­to in una so­cie­tà ipo­cri­ta dove il bia­si­mo si ro­ve­scia fa­cil­men­te nella piag­ge­ria. Lu­bi­tsch “di­men­ti­ca” la spu­meg­gian­te iro­nia del testo tea­tra­le, eli­mi­nan­do dalle di­da­sca­lie bat­tu­te ce­le­bri, ma tra­sfe­ri­sce lo spi­ri­to di Wilde nella mes­sin­sce­na, uti­liz­zan­do alla per­fe­zio­ne i “li­mi­ti” delle in­qua­dra­tu­re: cela nel mo­men­to stes­so in cui mo­stra, e adot­ta di volta in volta i punti di vista dei vari per­so­nag­gi. Anche la re­ci­ta­zio­ne – in un film in cui quasi tutti re­ci­ta­no una parte – è piena di sfu­ma­tu­re, e spes­so sor­pren­den­te­men­te mo­der­na.

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Mar­te­dì 29 apri­le 2025 | 20:45
VA­RIE­TÉ (Id., Ger­ma­nia, 1925, 112’ di Ewald André Du­pont)
Film del tardo espres­sio­ni­smo o del primo rea­li­smo te­de­sco, Va­rie­té oscil­la co­stan­te­men­te tra uni­ver­so in­te­rio­re ed este­rio­re, uti­liz­zan­do l’in­te­ra gamma delle in­no­va­zio­ni ci­ne­ma­to­gra­fi­che svi­lup­pa­te dai gran­di tec­ni­ci dei primi anni Venti e in par­ti­co­la­re da Karl Freund, che era stato l’o­pe­ra­to­re de L'ul­ti­ma ri­sa­ta di Mur­nau. Ma, in modo molto più estro­ver­so ri­spet­to a que­sto film, Va­rie­té si svi­lup­pa at­tra­ver­so una sorta di inin­ter­rot­ta rin­cor­sa espres­si­va, dove ogni idea vi­si­va viene im­me­dia­ta­men­te so­sti­tui­ta da un’al­tra, per as­si­cu­ra­re la pro­gres­sio­ne nar­ra­ti­va ma anche per sot­to­li­nea­re la pun­teg­gia­tu­ra dram­ma­ti­ca del film. Se al­cu­ne sce­no­gra­fie com­por­ta­no an­co­ra un ar­re­sto ai vo­lu­mi del­l’e­spres­sio­ni­smo, il film nel suo in­sie­me si apre verso una vi­sio­ne molto più ampia del mondo. Con Va­rie­té Du­pont di­ven­ne in­ter­na­zio­nal­men­te il re­gi­sta di spic­co della UFA, ben­ché in­com­pre­so dal pub­bli­co fran­ce­se.

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Mar­te­dì 27 mag­gio 2025 | 20:45
LE DUE MADRI (Vi­sa­ges d'en­fan­ts, Sviz­ze­ra/Fran­cia, 1925, 114' di Jac­ques Fey­der)
Al­cu­ni ci­nea­sti fran­ce­si dei primi anni Venti uti­liz­za­ro­no tec­ni­che di mon­tag­gio ra­pi­do che sa­reb­be­ro poi state ri­pre­se dai re­gi­sti russi, in par­ti­co­la­re da Ser­gej Ėjzenštejn. Anche Vi­sa­ges d'en­fan­ts di Jac­ques Fey­der, ini­zia­to nel 1923 ma usci­to solo nel 1925 a causa del con­flit­to con una delle so­cie­tà di di­stri­bu­zio­ne, si apre con una se­quen­za di mon­tag­gio di gran­de im­pat­to vi­si­vo, prima di pas­sa­re a uno stile nar­ra­ti­vo più con­ven­zio­na­le. La sto­ria è quel­la di un ra­gaz­zo che ha dif­fi­col­tà ad adat­tar­si al nuovo ma­tri­mo­nio del padre dopo la morte della madre. Il film è splen­di­da­men­te fo­to­gra­fa­to nelle Alpi sviz­ze­re e il rea­li­smo e la re­ci­ta­zio­ne na­tu­ra­li­sti­ca (in par­ti­co­la­re di Jean Fo­re­st) lo fanno ap­pa­ri­re ancor oggi mo­der­nis­si­mo.

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