LYNCH HIGHWAY

Cin­que se­ra­te per (ri)am­mi­ra­re su gran­de scher­mo al­cu­ni dei ca­po­la­vo­ri del più gran­de “co­strut­to­re di im­ma­gi­na­rio” (ci­ne­ma­to­gra­fi­co e non solo) del­l’ul­ti­mo mezzo se­co­lo. Il do­vu­to e com­mos­so omag­gio di Ci­ne­ma­ze­ro al genio di Mis­sou­la, scom­par­so il 15 gen­na­io di que­st’an­no. E ora, tutti in sala: si­len­cio.

 

Lu­ne­dì 10 feb­bra­io, ore 20:45

VEL­LU­TO BLU

Blue Vel­vet, Stati Uniti, 1986, 120’

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In­gres­so gra­tui­to

 In­tro­du­zio­ne a cura di Paolo A. D'An­drea

Lum­ber­ton, una tran­quil­la cit­ta­di­na ame­ri­ca­na dove non suc­ce­de mai nulla. Jef­frey Beau­mont, di ri­tor­no dal­l'U­ni­ver­si­tà per ve­de­re il padre ri­co­ve­ra­to in ospe­da­le, trova in un prato un orec­chio umano re­ci­so e lo con­se­gna al­l'i­spet­to­re di po­li­zia Wil­liams. Sandy, fi­glia del­l'i­spet­to­re e amica di Jef­frey, gli ri­ve­la al­cu­ne in­for­ma­zio­ni di cui è ve­nu­ta a co­no­scen­za ascol­tan­do i di­scor­si del padre nel suo uf­fi­cio. Tra­sfor­ma­to­si in de­tec­ti­ve di­let­tan­te, Jef­frey ini­zia a spia­re una donna so­spet­ta, la can­tan­te Do­ro­thy Val­lens…

Se­guen­do le orme di Ho­ward P. Lo­ve­craft, David Lynch rie­sce a tra­spor­re sullo scher­mo l'an­go­scia, a ren­de­re pal­pa­bi­le l'in­no­mi­na­bi­le, a sol­le­va­re il lembo di un velo che cela mi­ste­ri psi­chi­ci in­son­da­bi­li. (Hu­bert Nio­gret)

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Lu­ne­dì 17 feb­bra­io, ore 20:45

THE ELE­PHANT MAN

Id., Stati Uniti/Regno Unito, 1980, 124’

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In­tro­du­zio­ne a cura di Mar­ti­na Zo­rat­to

Du­ran­te uno spet­ta­co­lo cir­cen­se, il chi­rur­go Fre­de­ric Tre­ves in­con­tra John Mer­rick, un uomo col­pi­to da una grave mal­for­ma­zio­ne con­ge­ni­ta, co­stret­to da un im­pre­sa­rio mal­va­gio e ti­ran­ni­co a esi­bir­si per il di­ver­ti­men­to del pub­bli­co con il nome di Uomo Ele­fan­te. Mer­rick, in real­tà, è un in­di­vi­duo istrui­to e sen­si­bi­le, ob­bli­ga­to al­l'i­so­la­men­to a causa della pro­pria de­for­mi­tà. Il me­di­co, al­lo­ra, de­ci­de di li­be­rar­lo e di aiu­tar­lo a rein­se­rir­si nella so­cie­tà.

Non meno an­ce­stra­le e trau­ma­ti­co di Era­se­rhead, ibri­do e tra­gi­co­mi­co come il suo pro­ta­go­ni­sta, da una parte tra­sci­na al pian­to il gran­de pub­bli­co e dal­l’al­tra fa saet­ta­re scheg­ge di or­ri­do e me­mo­rie di Tod Bro­w­ning. (Roy Me­na­ri­ni)

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Lu­ne­dì 3 marzo, ore 20:45

STRA­DE PER­DU­TE

Lost Hi­gh­way, Stati Uniti/Fran­cia, 1997, 135’

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In­tro­du­zio­ne a cura di Ro­ber­to Ca­la­bret­to

Al­l'in­gres­so della pro­pria lus­suo­sa villa il sas­so­fo­ni­sta Fred Ma­di­son sco­pre delle vi­deo­cas­set­te che mo­stra­no lui e la mo­glie Renée men­tre dor­mo­no. Av­ver­te la po­li­zia, ma que­sta non sa darsi spie­ga­zio­ni lo­gi­che del­l'ac­ca­du­to. Tempo dopo Renée porta il ma­ri­to ad una festa or­ga­niz­za­ta da un certo Andy. Alla fine della se­ra­ta a Fred viene re­ca­pi­ta­ta una vi­deo­cas­set­ta che lo ri­trae ac­can­to al corpo mas­sa­cra­to della mo­glie: è ac­cu­sa­to di omi­ci­dio e viene con­dot­to in car­ce­re. Qui è preda di vio­len­ti ed in­spie­ga­bi­li mal di testa, che cul­mi­na­no in un'im­prov­vi­sa e as­sur­da mu­ta­zio­ne...

Con Stra­de per­du­te, i film di Lynch en­tra­no in un ter­ri­to­rio che sta oltre il reale, ir­rea­le e in­sie­me sur­rea­le, che poco alla volta erode le cer­tez­ze dei per­so­nag­gi e dello stes­so spet­ta­to­re, en­tram­bi con­fu­si (e mi­nac­cia­ti e ter­ro­riz­za­ti) da at­mo­sfe­re oni­ri­che in­cer­te e in­spie­ga­bi­li. (Ro­ber­to Ma­nas­se­ro)

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Lu­ne­dì 10 marzo, ore 20:45

UNA STO­RIA VERA

The Straight Story, Stati Uniti/Ca­na­da, 1999, 112’

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In­tro­du­zio­ne a cura di Gio­van­ni De Roia

Lau­rens, Iowa. Alvin Straight, set­tan­ta­treen­ne che vive con la fi­glia Rose, viene a sa­pe­re che il fra­tel­lo Lyle, con cui non parla da dieci anni, ha avuto un in­far­to. Prima che sia trop­po tardi, de­ci­de di in­tra­pren­de­re un viag­gio fino a Mount Zion, in Wi­scon­sin, per in­con­trar­lo. Non in cor­rie­ra o in treno, per­ché Alvin vuole gui­da­re da solo, con i suoi tempi e i suoi modi. Non aven­do più una pa­ten­te, non gli resta che gui­da­re un to­saer­ba con ri­mor­chio e as­sa­po­ra­re con len­tez­za le me­ra­vi­glie del Mid­we­st ame­ri­ca­no.

Un ti­to­lo che è anche una di­chia­ra­zio­ne di poe­ti­ca: ecco una sto­ria sem­pli­ce, sana, pu­li­ta, senza trop­pi fron­zo­li. Lynch asciu­ga, cerca la lim­pi­dez­za e la li­nea­ri­tà, e con­tem­po­ra­nea­men­te alza le sue am­bi­zio­ni: il viag­gio del vec­chio nella so­li­tu­di­ne del pae­sag­gio ame­ri­ca­no, con le di­ste­se di grano ba­gna­te dalla luce au­tun­na­le, è dav­ve­ro un per­cor­so ini­zia­ti­co verso la morte, verso il per­do­no e la ri­con­ci­lia­zio­ne. (Vin­cen­zo Buc­che­ri)

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Lu­ne­dì 17 marzo, ore 20:30

MU­LHOL­LAND DRIVE

Id., Stati Uniti/Fran­cia, 2001, 146’

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Le­zio­ne in­tro­dut­ti­va a cura di Roy Me­na­ri­ni

Betty, in­ge­nua so­gna­tri­ce del­l'On­ta­rio pro­fon­do, sbar­ca a Hol­ly­wood per di­ven­ta­re una star. In at­te­sa di ruoli e glo­ria, al­log­gia nel­l'ap­par­ta­men­to di sua zia, rien­tra­ta in Ca­na­da. Die­tro la porta trova Rita, una bruna femme fa­ta­le scam­pa­ta a un in­ci­den­te e a due uo­mi­ni ar­ma­ti che la vo­le­va­no morta. Ma Rita que­sto non lo sa (più) per­ché ha perso la me­mo­ria die­tro una curva di Mu­lhol­land Drive…

Per com­pren­de­re Mu­lhol­land Drive bi­so­gna so­prat­tut­to vi­ver­lo e sen­tir­lo. Il suo oni­ri­smo au­to­riz­za qual­sia­si in­ter­pre­ta­zio­ne: i mi­ste­ri ab­bon­da­no come le so­lu­zio­ni pos­si­bi­li. Il senso vi­sce­ra­le del film non passa per le pa­ro­le né per una nar­ra­zio­ne ra­zio­na­le. (Mar­zia Gan­dol­fi)

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